Bellezza imperfetta
Mafia: The Old Country è visivamente una lettera d’amore alla Sicilia di inizio Novecento. Utilizzando una versione aggiornata dell’Unreal Engine, il gioco dipinge paesaggi mozzafiato: campagne bruciate dal sole, borghi arroccati con muri scrostati dal tempo, interni domestici curati in ogni dettaglio. La resa della luce è probabilmente l’elemento tecnico più riuscito: l’alba filtra tra i vicoli, il tramonto incendia i tetti in terracotta, le candele danzano tra le pareti delle chiese con una delicatezza quasi pittorica.
Anche i modelli dei personaggi principali sono ben realizzati, con espressioni facciali credibili e occhi che non sembrano mai vuoti. Le animazioni durante i dialoghi, in particolare, restituiscono sfumature emotive che arricchiscono la narrazione. Si nota l’attenzione per i particolari, dagli abiti d’epoca ai piccoli gesti — come Enzo che si sistema il colletto o stringe i pugni nei momenti di tensione.
Tuttavia, non mancano alcune ombre tecniche. Gli ambienti, per quanto visivamente affascinanti, sono poco interattivi: il mondo appare più come un affresco che come uno spazio vivo. Gli NPC secondari seguono routine ripetitive, spesso statiche, e talvolta si nota una certa mancanza di rifinitura nei fondali meno centrali alla storia. Su tutte le piattaforme si vari segnalano problemi di ottimizzazione: pop-in e pop-up di texture, (soprattutto nelle fasi di guida), stuttering nelle scene più affollate, e rari ma fastidiosi bug di caricamento.
La colonna sonora, invece, svolge un ruolo quasi cinematografico. Non solo accompagna con eleganza ogni momento, ma contribuisce a “colorare” visivamente l’ambiente: non è mai solo audio, ma un’estensione dell’immagine.
In sintesi, sul piano tecnico-grafico il gioco non è perfetto, ma riesce a comunicare ciò che conta davvero: atmosfera, identità, memoria. E lo fa con una sensibilità rara nel medium videoludico.
